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Pubblico regolarmente articoli divulgativi per alcune riviste internet; gli articoli sono rintracciabili sulle riviste stesse, tenendo presente che alcune sono ad accesso libero, altre a pagamento; in ogni caso gli articoli sono disponibile in questa sezione del sito. Le riviste sono: MySolutionPost, per dottori commercialisti, nelle materie Bilancio e Revisione contabile. Il Commercialista telematico, per dottori commercialisti, nelle materia Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari. Filodiritto, per avvocati, con pillole di economia, amministrazione e finanza per i colleghi avvocati che si occupano del diritto d’impresa. B2 corporate, per quadri e dirigenti delle Piccole e Medie Imprese (PMI), nella Finanza d’azienda e nelle Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari In questa sezione trovate anche alcuni articoli-blog su argomenti di carattere economico-politico o nel campo della formazione personale e professionale, che ho ritenuto opportuno…

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Le frodi aziendali

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Le frodi aziendali

Pubblicato su “b2 coporate” il 23-4-2019   Premessa Il” Global economic crime survey  2016” di Price Waterhouse & Coopers”, nell’addendum relativo alla situazione italiana, sviluppa una fotografia aggiornata del fenomeno con relativi dati e statistiche. Il report è disponibile in internet https://www.pwc.com/it/it/services/forensic/assets/docs/gecs-2016-es.pdf Dal citato survey innanzitutto emerge che il fenomeno dei crimini economici è in aumento, rispetto all’anno precedente,  sia in Italia che nel mondo con % significative: rispettivamente 41%  di aumento a livello Italia, contro 27% a livello globale. A livello mondiale il 36% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver subito almeno una frode, contro il 21% a livello Italia. Nelle varie tipologie di frodi, a livello Italia , la frode più diffusa risulta l’appropriazione indebita, seguita nell’ordine di importanza da: corruzione, cyber crime, frodi contabili, frodi in materia di appalti e acquisti, frodi nell’ambito delle risorse umane, riciclaggio di denaro, frodi fiscali, , frodi creditizie, violazioni della concorrenza, antitrust, spionaggio, violazione della proprietà intellettuale, insider trading. Come vengono individuate le frodi? Il 36% di esse viene intercettato tramite modalità fuori dal controllo e dall’influenza del management aziendale; in particolare il 24% è stato scoperto dalle forze dell’ordine. Ciò significa che le organizzazioni arrivano spesso in ritardo nell’individuare le frodi e a fronteggiare i danni conseguenti. Dalla stessa survey emerge  che meno della metà (47%) delle organizzazioni italiane ha intercettato  l’evento fraudolento attraverso un sistema di controllo interno. In particolare risulta inoltre particolarmente debole il sistema delle cd soffiate, cioè il whistleblowing (3%); ciò sembra la conseguenza sia di una scarsa cultura aziendale sia di norme non ancora pienamente efficaci in materia. Un miglioramento è atteso dalle linee guida che l’ANAC (Attività Anti Corruzione) sta emettendo, che dalle nuove norme governative anticorruzione. Qual è il costo della criminalità economica? Esso è dato non solo dai danni diretti,ma soprattutto dai danni indiretti causati: alla reputazione aziendale e alla forza del marchio, alla motivazione dei dipendenti, alle relazioni commerciali, ai rapporti con le autorità di vigilanza. La corruzione inoltre distorce la concorrenza e frena lo sviluppo. In Italia l’esecutore delle frodi è un soggetto situato all’interno dell’azienda nel 43% dei casi, esterno all’azienda nel 31%, nei restanti casi non è stato possibile individuare la provenienza dell’attore della frode. L’identikit dell’esecutore delle frodi a livello italiano è di sesso maschile, di età compresa fra 31 e 40 anni, con una buona esperienza lavorativa alle spalle che va da 3 a 5 anni, posizionato prevalentemente nel middle management. Al centro di qualsiasi criminalità, a prescindere dal motivo per cui è stata commessa, vi è un comportamento umano. Per tale motivo le aziende dovrebbero promuovere la cultura dell’etica e del rispetto della legalità. In Italia sta emergendo la consapevolezza che le persone e la cultura sono in prima linea di difesa contro le frodi economico – finanziarie. Dalla citata survey di PWC emerge che l’86% delle aziende ha attuato o sta attuando un programma di etica e compliance all’interno dell’azienda. Un programma di compliance deve essere adeguatamente progettato ed in grado di offrire un evidente beneficio per il business.  Per questo motivo dovrebbe includere meccanismi che contribuiscano a motivare e premiare le persone misurandone, nella misura del possibile, i risultati. Tale programma dovrebbe quindi comprendere  dei codici di condotta aggiornati, deve fondarsi su una chiara politica, affrontando la connessione fra valori, comportamenti...

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Come valutare una startup – Guida pratica e suggerimenti

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Come valutare una startup – Guida pratica e suggerimenti

Pubblicato sul sito internet di b2Corporate in settembre 2018 1.1  – Premessa L ‘argomento della valutazione delle aziende start up rappresenta, nel panorama tecnico – professionale italiano, una specie di terra di nessuno nella quale né la professione, né il mondo universitario si sono cimentati in modo sistematico. Scarse sono le pubblicazioni specialistiche sull’argomento in lingua italiana. Appare un territorio in cui predomina il pragmatismo degli operatori del settore (business angel, incubatori azienda, venture capitalist, etc), i quali dovendo investire in attività di start up, sono costretti, pur con tutte le incertezze del caso, ad assegnare una valutazione all’investimento da effettuare. Vero è che le start up sono una fattispecie tutta particolare di azienda, con caratteristiche sue proprie che la rendono inadatta all’applicazione, “sic et simpliciter” dei metodi tradizionali di valutazione d’azienda, ma come si vedrà nel seguito, con gli opportuni adattamenti, alcuni di questi metodi risultano applicabili. Inoltre i metodi specifici dedicati alle start up sono tutti di derivazione del mondo anglosassone, in assenza di pubblicazioni specialistiche italiane. Per affrontare in modo sistematico l’argomento, ci sono alcuni aspetti che preliminarmente occorre sviluppare e tenere ben presenti, aspetti che condizionano in modo significativo l’approccio valutativo da adottare per una azienda in fase di start up. Un primo aspetto da mettere in evidenza è che non tutte le start up sono uguali, nel senso che le loro caratteristiche variano in modo significativo nelle diverse fasi della loro vita, fasi il cui sviluppo influenza molti aspetti della loro vita: le priorità assegnabili, le necessità di finanziamento, il percorso da sviluppare, gli attori coinvolti; di  conseguenza l’approccio valutativo può variare anch’esso in modo significativo da una fase all’altra Un secondo aspetto riguarda la stretta relazione fra l’aspetto valutativo e il finanziamento della start up, spesso con la connessa partecipazione al capitale dell’impresa, soprattutto nelle prime fasi di vita. Nelle prime fasi di vita infatti chi valuta è ,nella maggior parte dei casi, anche l’investitore: la posta in gioco è quindi stabilire la quota di partecipazione all’iniziativa che spetta all’investitore in funzione dell’entità del finanziamento da erogare. Nelle prime fasi di vita predomina infatti il finanziamento con partecipazione al capitale, rispetto al finanziamento puro e semplice. L’investitore deve credere all’iniziativa e molto spesso diventa quindi anche imprenditore, per condividere con gli promotori-promotori sia a rischi che i benefici relativi. Un terzo fattore riguarda la generalizzata carenza di dati storici sull’azienda e il suo business e la conseguente difficoltà nel formulare previsioni future di qualunque genere. I business plan che vengono preparati, anche quelli meglio predisposti, mancano tutti di una reale fattibilità dell’iniziativa sul concreto terreno di gioco. In altri termini, soprattutto nelle prime fasi di vita di una start up, la storia della fattibilità dell’iniziativa è ancora tutta da verificare: fattori organizzativi, di marketing, di prodotto, (l’elenco non è esaustivo) non previsti possono vanificare lo sviluppo e la stessa riuscita dell’impresa Quarto fattore è il rischio, sempre elevato in qualunque iniziativa. La percentuale di start up che non superano le fasi iniziali è infatti elevata, mediamente superiore al 70 – 80%. Le ragioni del possibile fallimento dell’iniziativa sono molteplici e si possono manifestare in qualunque momento nelle fasi iniziali. L’ingresso di un investitore, nel capitale di rischio in una start up, richiede quindi molta competenza, esperienza e una buona dose di “fiuto”, il...

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Pubblico regolarmente articoli divulgativi per alcune riviste internet; gli articoli sono rintracciabili sulle riviste stesse, tenendo presente che alcune sono ad accesso libero, altre a pagamento; in ogni caso gli articoli sono disponibile in questa sezione del sito. Le riviste sono: MySolutionPost, per dottori commercialisti, nelle materie Bilancio e Revisione contabile. Il Commercialista telematico, per dottori commercialisti, nelle materia Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari. Filodiritto, per avvocati, con pillole di economia, amministrazione e finanza per i colleghi avvocati che si occupano del diritto d’impresa. B2 corporate, per quadri e dirigenti delle Piccole e Medie Imprese (PMI), nella Finanza d’azienda e nelle Valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari In questa sezione trovate anche alcuni articoli-blog su argomenti di carattere economico-politico o nel campo della formazione personale e professionale, che ho ritenuto opportuno...

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Cosa cambia con i PIV – Parte III

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Cosa cambia con i PIV – Parte III

Pubblicate sulla rivista internet b2 Corporate in febbraio 2018 Premessa Prosegue l’esame dei PIV iniziata con un precedente articolo. Viene qui esaminata , dopo la parte I e II, la parte III (relativamente ai soli punti 1, 2, 3 e 4) Come già anticipato, l’intero sviluppo dei PIV risulta tuttavia piuttosto corposo, il volume edito da EGEA consta di quasi 400 pagine divise in quattro sezioni (I, II, III, IV), un glossario e due appendici sui principi etici; in alcuni punti i PIV sono anche di non semplice lettura. Vorrei in questa sede cercare individuare quali sono le principali caratteristiche, tracciandone le linee guida principali; lascio naturalmente al lettore, che vuole approfondire, la facoltà di consultare direttamente i PIV nel volume edito da EGEA. La parte III dei PIV (punti 1, 2, 3, 4) riguarda aziende a rami d’azienda riguarda la valutazione di aziende o di complessi aziendali, dal punto III 5 e fino al III.9 riguarda specifici beni aziendali, attivi o passivi, che non vengono qui presi in considerazione. Per azienda si intende un complesso coordinato di beni , di rapporti giuridici e di risorse umane, costituito in vista del perseguimento di obiettivi economici. Un ramo d’azienda è una parte di azienda, che può essere configurata in qualunque modo, con l’unico vincolo della idoneità a generare un’autonoma corrente di reddito.. Nella sua forma più completa il ramo d’azienda può corrispondere un un’area strategica d’affari (o ad una business unit) caratterizzata da una propria individualità  sul piano del confronto competitivo. L’azienda può corrispondere o meno ad una precisa identità giuridica. Il processo valutativo presenta un elevato grado di articolazione nel caso di valutazione di aziende (o di rami d’azienda). La base informativa, particolarmente ampia, deve comprendere dati relativi  al contesto economico, all’azienda, al settore al segmento di riferimento, al mercato finanziario, alle società confrontabili. Una notevole delicatezza assume anche il momento della selezione del metodo o dei metodi di stima da utilizzare, in quanto nel caso di aziende e di rami d’azienda il ventaglio delle alternative è normalmente ampio. Normalmente la valutazione di un’azienda o di un ramo d’azienda in continuità adotta una prospettiva di vita indefinita. Per proseguire la lettura, clicca AF-Cosa cambia con i PIV Parte III, Puoi anche accedere al sito di...

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Cosa cambia con i PIV – Parte I e II

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Cosa cambia con i PIV – Parte I e II

Pubblicato su “Il Commercialista telematico in Novembre 2017 Premessa In un precedente articolo  ricordavo che nel mese di luglio 2015 sono stati emessi dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) i Principi Italiani di Valutazione (PIV). Essi sono entrati in vigore le valutazioni a partire dal 1-1-2016 e sono frutto di circa tre anni di lavoro da parte dell’OIV, avendo accolto il contributo di circa 15 fra associazioni professionali (fra cui Assirevi, e ODCEC di Milano) e professionisti vari. OIV si propone quale standard setter nazionale nell’ambito delle valutazioni d’azienda, ovvero di beni o gruppi di beni. Esso ha l’obiettivo di fornire i PIV (Principi italiani di valutazione), che si pongono come vero e proprio punto di riferimento per i professionisti, il legislatore e le autorità di vigilanza nell’ambito delle perizie di stima. Si evidenzia anche come i principi di valutazione colmano uno spazio vacante e possono essere un’occasione di crescita per la nostra professione di dottori commercialisti e un’opportunità per diffondere una “cultura della valutazione”, oggi obiettivamente molto debole. Fino ad oggi infatti l’attività di valutazione è stata prevalentemente un’attività di matrice domestica, largamente influenzata dalle norme del codice civile. Si aggiunga a ciò il fatto che la nostra professione è sempre stata condizionata dagli aspetti fiscali, lasciando poco spazio ad una cultura di tipo aziendalistico. I PIV sono un’occasione per metterci in linea con le “best practices” internazionali nell’area delle valutazioni e migliorare pertanto la nostra professionalità nel filone della consulenza aziendalista I PIV possono pertanto una base per costruire una branca di specializzazione nella nostra professione, attraverso un miglioramento degli standard qualitativi. Elevati standard qualitativi sono peraltro una delle premesse per migliorare la fiducia da parte dei diversi utilizzatori e operatori economici nei confronti dei valutatori. Il processo di valutazione resta peraltro pur sempre un giudizio professionale, che può divergere da un esperto all’altro, ma i PIV servono a ridurre i margini di discrezionalità e quindi l’assunzione di rischi troppo elevati e/ o inutili. E’ previsto che i PIV siano soggetti a revisione con cadenza ogni 2 anni. Oggi i PIV non hanno valenza coercitiva, vengono pertanto seguiti dai professionisti valutatori su base volontaria. L’augurio è che i PIV vengano in futuro riconosciuti dai vari Enti regolatori (Consob, Banca d’Italia etc) e/o richiamati in norme di legge. Ciò darebbe loro il necessario peso, così come è accaduto in un recente passato per i principi contabili nazionali, emessi da OIC. Vale la pena di precisare che i PIV riguardano anche le valutazioni immobiliari (punto III.7), sebbene queste valutazioni sino state oggetto di pronunciamento di altri soggetti. ABI ha recentemente emesso , nel dicembre 2015 “Linee guida per le valutazioni degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, vedasi il link ABI/Linee-guida-valutazioni-immobiliari.aspx L’intero sviluppo dei PIV risulta tuttavia piuttosto corposo, il volume edito da EGEA consta di quasi 400 pagine divise in quattro sezioni, un glossario e due appendici sui principi etici; in alcuni punti i PIV sono anche di non semplice lettura. Vorrei in questa sede cercare individuare quali sono le principali caratteristiche, tracciandone le linee guida principali; lascio naturalmente al lettore, che vuole approfondire, la facoltà di consultare direttamente i PIV nel volume edito da EGEA. Aggiungo che i PIV sono abbastanza dettagliati, contrariamente ai loro omologhi IVS (Internazional valuation standard) che sono senz’altro più sintetici e si limitano all’affermazione di principi molto generali. I PIV entrano anche in casi...

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Attività di vigilanza del Collegio sindacale nelle PMI

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Attività di vigilanza del Collegio sindacale nelle PMI

Pubblicato, in luglio 2017, nelle Guide della rivista Filodiritto 1 – Premessa Ho voluto scrivere questo articolo, relativo all’attività di vigilanza del Collegio sindacale, ex art 2403 del cod. civile, dedicandolo in particolare ai colleghi avvocati, che si occupano del diritto d’impresa e che sono presenti in collegi sindacali senza la revisione legale dei conti ex art 2409 bis del cod civile. In realtà la guida può essere utile anche ad ingegneri, architetti, medici, etc cioè a tutte quelle categorie professionali che non hanno dimestichezza con le procedure e i problemi di carattere amministrativo e/o relativi al controllo interno aziendale. Nell’articolo vengono escluse le società quotate per le quali le indicazioni sono più specifiche; per esse si può fare riferimento al documento apposito, emesso in settembre 2015, dal CNDCEC “Norme di comportamento del Collegio sindacale nelle società quotate” Non tratterò inoltre l’attività di vigilanza nelle operazioni societarie straordinarie (aumento e riduzione del capitale, trasformazione societaria, fusione e scissione, conferimento d’azienda, prestiti obbligazionari e strumenti finanziari partecipativi, finanziamenti dei soci, recesso ed esclusione del socio, scioglimento e liquidazione, caso del socio unico), per queste infatti si può fare riferimento al capitolo 10 delle “Norme di comportamento del Collegio sindacale nelle società non quotate” emesse nel marzo 2015 da CNDCEC, che tratta l’argomento in modo dettagliato ed esaustivo. 2 – Caratteristiche e modalità dell’attività di vigilanza L’art 2403 del codice civile recita: “Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.” L’attività di vigilanza del collegio sindacale deve quindi essere effettuata sulla base della diligenza professionale. La  diligenza  comporta  uno   sforzo  tecnico,  espressione di  tale  sforzo  tecnico  è  la perizia,  cioè quel complesso di regole tecniche e professionali espresse dal livello medio della categoria professionale d’appartenenza. La diligenza professionale è anche richiesta dalla natura dell’incarico, tenendo conto delle dimensioni, della complessità e le altre caratteristiche, anche organizzative, specifiche della società su cui si esercita la vigilanza. Preme in questa sede anche sottolineare il ruolo che l’aggiornamento costante del professionista svolge in punto di valutazione della sua condotta diligente. Nello svolgimento dei doveri di vigilanza il Collegio sindacale, oltre a raccogliere le informazioni e i dati aziendali mediante l’esecuzione di specifiche verifiche, dovrà analizzare e valutare i flussi informativi generati dai diversi organi e dalle differenti funzioni aziendali esistenti in Società. Il Collegio dovrà anche partecipare alle riunioni degli organi sociali ed effettuare uno scambio sistematico di informazioni con gli amministratori della società stessa. E’ infine necessario che lo stesso Collegio si confronti con tutti i soggetti che, a vario titolo, sono preposti alle funzioni organizzative e di controllo, nonché con il soggetto preposto alla revisione legale, qualora presente. L’intero articolo è disponibile sulla rivista Filodiritto qui, oppure in AF-Attività-vigilanza-Collegio-sindacale x avvocati...

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Procedure di allerta per le aziende in crisi

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Procedure di allerta per le aziende in crisi

Quaderno SAF (scuola di alta formazione) num. 71, emesso in maggio 2017, dell’ODCEC di MIlano Premessa Il disegno di legge n. 3671 del 18 maggio 2016, recante la “delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, introduce una nuova disciplina della crisi d’impresa, prevedendo procedure innovative di controllo interno ed esterno (Alert) finalizzate al rafforzamento dei sistemi di segnalazione tempestiva (early warning) delle situazioni d’insorgenza di crisi d’impresa ed enunciando il principio generale di necessaria introduzione nel nostro ordinamento giuridico di una definizione dello “stato di crisi” intesa come “probabilità di futura insolvenza”. Tale iniziativa ha proseguito nel suo iter: la Camera dei Deputati il 27 gennaio 2017, col parere delle Commissioni Affari Costituzionali, Giustizia e Finanze, ha licenziato il testo del disegno di Legge delega (ora 3671 bis), attualmente (maggio 2017) all’esame del Senato, con alcune rilevanti modifiche rispetto al testo originario. D’altro lato l’evoluzione dell’attuale quadro normativo in materia di vigilanza e controllo societario, unitamente al recepimento di standard internazionali, contabili e di revisione, sempre più stringenti e vincolanti, inciderà profondamente sui modelli operativi delle imprese costituite in forma societaria, obbligandole necessariamente a rivedere radicalmente i propri sistemi informativi ed assetti organizzativi in materia di pianificazione e controllo interno (financial planning & internal audit). In particolare, sarà sempre più richiesto agli organi di controllo interno (sindaci) e alla funzione di revisione contabile un approccio non più solo a consuntivo (backward-looking), ma necessariamente previsionale (forward-looking), orientato alla “cultura della pianificazione e controllo” e alla salvaguardia della capacità di generare un adeguato “flusso di cassa” (financial control & cash-flow oriented), ovviamente tenendo conto degli specifici ruoli, funzione, compiti e responsabilità di ciascun soggetto, come previsto dalla legge e dai principi professionali di riferimento. L’intero testo del quaderno, in cui il sottoscritto ha dato un modesto contributo, è disponibile nel sito dell’ODCEC di Milano, ovvero in SAF...

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L’importanza della fiducia per professionisti e managers

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L’importanza della fiducia per professionisti e managers

Pubblicato sulle rivista internet “B2corporate” nel marzo 2017 e “Il commercialista telematico” in giugno 2017 Premessa Ho letto recentemente “La velocità della fiducia” di Spephen M.R.Covey, noto e apprezzato oratore e consulente americano sui temi di laedership, fiducia ed etica, legati a performance eccellenti. Il testo mi ha molto impressionato per la semplicità, chiarezza e profondità delle argomentazioni sul tema della fiducia, Ho deciso pertanto di riprendere, sintetizzando molti dei suoi concetti e temi in questo articolo. Nella vita, nella professione e in azienda le relazioni sono importanti, ma sono vuote se non sono create e basate sulla fiducia. Solamente le organizzazioni con un solido livello di fiducia comportano una cultura di vero impegno verso gli obiettivi prescelti. Senza fiducia non ci può essere lealtà, senza lealtà non si può costruire una vera crescita personale: degli individui, delle organizzazioni, dell’intera società. Se ci guardiamo attorno, notiamo che nell’attuale contesto economico la collaborazione è uno dei principali fondamenti dello standard di vita di cui godiamo; appare evidente come  la fiducia sia il principale collante di tutti i rapporti di collaborazione. E’ anche possibile osservare che nella vita politica, nelle relazioni sociali di qualunque genere, anche quelle private, spesso il problema che sta alla base di tutti gli altri è una mancanza di fiducia. Cos’è la fiducia? Fiducia significa affidabilità. Quando si ha fiducia si crede in qualcuno, nella sua integrità, nelle sue finalità, nelle sue capacità, nei suoi risultati. Tutti noi abbiamo avuto esperienze che confermano la differenza fra relazioni costruite o meno sulla fiducia. Quelle basate sulla fiducia sono più solide e durano più a lungo, quelle in cui esiste una mancanza di fiducia sono sempre in balia degli avvenimenti e sono permeabili agli equivoci e ai fraintendimenti. La differenza tra relazioni con un elevato grado di fiducia e relazioni con scarso livello di fiducia è tangibile. Consideriamo ad esempio la comunicazione. In una relazione con un elevato grado di fiducia potete esprimervi e dire le cose sbagliate, ma le persone con le quali siete in contatto molto probabilmente comprenderanno quello che intendete dire. Al contrario, in una relazione, con uno scarso o nullo livello di fiducia, potete essere misurati e precisi quanto volete, ma comunque esiste un rischio elevato di essere fraintesi. Per leggere l’intero articolo vedasi la pubblicazione su B2corporate ovvero AF-Importanza della fiducia per professionisti e...

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Fusione e scissione di società, aspetti normativi e problemi di valutazione

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Fusione e scissione di società, aspetti normativi e problemi di valutazione

Articolo pubblicato sulla rivista internet Filodiritto il 25-1-2017 Premessa La fusione è l’operazione con la quale due o più società si concentrano in una sola. La disciplina della fusione è contenuta negli artt. da 2501 a 2504 quinquies del cod. civile. Una regolamentazione aggiuntiva specifica è prevista per la fusione di imprese bancarie (artt. 31, 36 e 57 del TUBC – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e per le imprese assicuratrice (artt. 88 ss testo unico assicurazioni private): In questo articolo non mi occuperò tuttavia delle norme aggiuntive dettate per i settori bancario e assicurativo. La fusione può avvenire con due modalità: (a) fusione per unione, ovvero costituzione di una nuova società (cd newco); (b) fusione per incorporazione, cioè assorbimento in una società di una o più altre. La fusione può avvenire fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), ovvero fra società di tipo diverso (fusione eterogenea). La scissione viene prevista dall’art 2506 del cod. civile, articolo che ne prevede gli effetti; esso recita: “con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”. La scissione può quindi essere definita come il frazionamento di una società in più parti, destinate ad essere inglobate in una o più altre società. L’intero articolo è disponibile sulla rivista Filodiritto qui, oppure in formato pdf AF-Fusione e scissione di società-Aspetti normativi e problemi di...

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Piani di risanamento e figura attestatore

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Piani di risanamento e figura attestatore

Articolo pubblicato sulla rivista internet B2Corporate il 23-10-2106 Il contesto legislativo Premessa Il diritto fallimentare, iniziata con il DL 14-3-2005 n. 35, ha visto diverse e successive integrazioni, fino al DL 22-6-2012 n. 83; essa ha cambiato in maniera radicale la legge fallimentare (LF) di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, introducendo numerose e significative novità nella disciplina dell’insolvenza delle società. Si ricorda preliminarmente che l’art 1 della legge fallimentare (LF) precisa l’universo dei soggetti cui si riferisce la legge , cioè gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. Fra le novità introdotte rispetto al contesto precedente, si annoverano alcuni istituti e strumenti giuridici finalizzati a soluzioni negoziali fra il debitore e i vari creditori, parzialmente operanti al di fuori delle rigide procedure delle procedure concorsuali. Fra questi vogliamo qui prendere in considerazione alcuni processi extragiudiziali, che si sostanziano in un procedimento negoziale privatistico, caratterizzato dall’incontro della volontà tra il debitore preponente ed i creditori, ove al Tribunale spetta (in alcuni casi) solo il controllo dell’iter previsto dalla legge. In particolare ci riferiamo ai seguenti nuovi procedimenti, in cui è prevista un’attestazione di un terzo indipendente, relativamente ai piani di risanamento e alla documentazione presentata dal debitore: Il piano di risanamento e la relativa attestazione ex art 67 LF, co.3 lett.d) la relazione (attestazione) ex art 161 LF, co.3, per l’ammissione al concordato preventivo e ex art 186 bis nel concordato con continuità la relazione (attestazione) nell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art 182 bis LF alcune relazioni integrative previste in altre particolari fattispecie La ratio che ha ispirato il legislatore, in tutti i casi previsti dalla legge sopracitati, è stato quello di favorire piani di salvataggio delle imprese, anche nella esenzione di alcune specie penali, facilitando così disegni di turnaround in un contesto di continuità aziendale. Nasce così una nuova figura professionale, quella dell’attestatore, con una formazione specialistica nelle materie contabili e di controllo, cui è stato attribuito il ruolo di verificare ed esprimere una opinione, con la forma di asseverazione, sulla correttezza del piano di risanamento proposto dall’imprenditore e nel rispetto delle regole previste dall’istituto giuridico utilizzato. Il tutto nella consapevolezza che trattasi di un ambito di operatività marcatamente specialistico, caratterizzato da un’ampia varietà di problematiche giuridiche, che si sommano e si integrano con elementi tipici della consulenza direzionale e strategica in sede di pianificazione economico-finanziaria. Vengono in nostro aiuto, per affrontare in modo consapevole e documentato l’argomento, i seguenti documenti, indicati in bibliografia: Università degli Studi di Firenze – Assonime – CNDCEC. Linee guida per il finanziamento delle imprese in crisi – Seconda edizione 2015 Principi di attestazione dei piani di risanamento –...

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